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L’ EQUISETO


 

Un tempo, nel lontano Carbonifero, foreste di felci ed equiseti giganti facevano da sfondo ai giganteschi rettili del passato, mentre sotto le attuali felci ed equiseti oggi può capitare tuttalpiù di scorgere il guizzo di qualche…ramarro o lucertolina.

equiseto nei vecchi rivi di massalubrenseQuasi la miniatura di un mondo scomparso da migliaia di anni…Mentre a tutti è ben noto quale aspetto abbia una felce, lo stesso non vale per l’equiseto (Equisetum arvense e altre specie), anche se alcune particolarità lo rendono inconfondibile. Il suo rizoma (radice, fusto sotterraneo) emette due tipi diversi di fusti, uno fertile  primaverile e uno sterile in estate. Da febbraio compaiono difatti dei fusticini di color giallo-bruno, senza clorofilla, con verticilli di squamette e una spiga terminale che porta le spore per la riproduzione. Al loro appassire subentrano, a partire da maggio, i fusti sterili di colore verde, più alti (fino a un metro e mezzo nell’equiseto maggiore), ruvidi e sottili rami disposti a verticilli sui fusti, che conferiscono alla pianta un aspetto piumoso, come indica il nome di “coda cavallina” col quale è forse più noto. Solo i fusti sterili verdi hanno un’azione terapeutica essendo ricchi di minerali, in particolare silice, potassio e calcio, nonché sostanze ad effetto diuretico, emostatico, astringente.

L’equiseto è perciò una pianta altamente remineralizzante, indicata per favorire la calcificazione in caso di fratture, come rinforzante per capelli e unghie, riparatore della pelle in caso di piaghe e utile per cistiti o eliminare la renella. Basta recarsi in piena estate in luoghi umidi e incolti, lungo le sponde dei fiumi, dove cresce sempre in gran numero di esemplari e una volta tagliati alla base, i fusti verdi si fanno seccare in forno o a bassa temperatura, per poi conservarli in scatole di cartone. Ridotto in polvere si può assumere in piccole dosi nei cibi, anche se scricchiolerà un po’ sotto i denti per via dei granuli di silice, oppure se ne fanno decotti, con mezz’etto di pianta in un litro di acqua, da bere o da versare nell’acqua del bagno per tonificare la pelle. Un decotto più concentrato si può applicare sulla pelle affetta da smagliature o per sciacquare i capelli, per rinforzarli o ancora per visi rilassati o con impurità; mescolato a quello di ortica è poi un ottimo fertilizzante per le piante.

Un peeling con cui strofinare le zone più ruvide del corpo si ottiene mescolando un ciuffo ridotto in polvere a un po’ di olio di oliva, si massaggia il corpo delicatamente e si fa poi una doccia saponata. Per lucidare invece metalli e avorio si strofina più energicamente direttamente con gli steli della pianta. I fusti dell’equiseto, anche se l’aspetto non è dei più invitanti si possono usare in cucina: vanno privati della spiga terminale e poi si scottano in acqua bollente salata per poi infarinarli e friggerli, oppure tritarli per risotti o vellutate.

 

(da “Andar per frutti ed erbe” di Michela Calcagno – Clementi Editore srl – Foto Ulyxes)

 


 

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