Domenica
6 febbraio 2005 – Termini – Punta Campanella
I soliti seguaci : Nino e Sasà
Finalmente abbiamo una giornata
discreta, dopo un’ondata di freddo, acqua e vento, non ne potevamo più di
stare relegati in casa a fantasticare future passeggiate e ricordare bagni
serali in acque calde estive.
Oggi è la
domenica prima del Carnevale, e come i ragazzini che non vedono l’ora di
travestirsi dai loro eroi della fantasia, così noi indossiamo i nostri scarponi
di fretta e furia per andare a scorrazzare per vie e monti.
Il tempo a
disposizione è relativamente poco, quindi decidiamo di andare ad onorare il
luogo della dea del nostro eroe, con una tranquilla visita alla Finis Terrae della penisola.
Lasciamo la gommauto a Termini e cominciamo la discesa, ma subito dobbiamo
ricorrere alla nostra disponibilità per soccorrere due giovani inglesi in panne
con la loro auto presa a noleggio, con problemi alla clack, frizione.
Ma la cosa
entusiasmante è notare che nonostante il rigidissimo inverno avuto, il corso
della natura prosegue ininterrottamente, infatti ci sono già i timidi abbozzi
di germogli di tutti le specie, si incominciano a sentire già i profumi che
caratterizzano questi luoghi, con il mirto e il rosmarino e i ciuffi di erba
spontanei colorano di un bel verde i caratteristici muretti a secco.
“Dove inizia la discesa rettilinea della Via Minervia, battuta delle
Milizie romane e dalle ambascerie inviate nel 172 a.C., dal collegio dei
Decemviri, al Santuario della Minerva Tirrena per sacrificare vittime in
espiazione di certi prodigi, Capo Ateneo appare circonfuso in un divino
silenzio. Dalle brulle rocce carezzate dalle frequenti onde spumose dei
due mari di Napoli e Salerno e di fronte lo scenario dell’isola di
Capri, par di udire un’arcana voce: ”Questo luogo sacro si prese
abitatrice la gloria di Athena Tirrenia”. E qui sulla punta spartiacque,
i Greci edificano il tempio. La Carta Peuntigeriana risalente forse al
tempo di Costantino e Teodosio segna questo tempio probabilmente ancora
venerato a quell’epoca. I romani vi costruiscono una villa di supporto
alle dimore imperiali di Capri; essa si estendeva decrescendo dal quarto
al quinto terrazzamento ed era collegata al mare da due scale, una dal
lato orientale, di fattura greca, intagliata nella roccia, dove in cima ad
essa è ben visibile un’iscrizione rupestre in lingua osca con incisi i
nomi dei tre magistrati osci “meddix”, a 18 metri sul livello del mare
e di prospetto ad una grotta a tre bocche naturali, rifugio di corsari;
l’altra scala è dal lato occidentale; ambedue erano approdi anche per i
collegamenti con Capri, essendovi sulla spianata la sede di un
distaccamento militare con un faro per segnalazioni con la villa imperiale
“Villa Iovis” di Capri, che era di fronte. Sull’area del tempio,
distrutto dall’erosione del tempo, Roberto d’Angiò nel 1334 erige la
Torre di Minerva e Gioacchino Murat vi piazza batterie per l’assedio a
Capri, occupata dagli inglesi. Silla torre vi era una campana, segnale di
pericoli e origine del nuovo toponimo dato al promontorio “Punta
Campanella”.
(tratto da TuttoMassa guida turistica
con progetto a cura di Sirenland)
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Oggi attirati da quest’incanto, io e Nino dopo aver offerto
anche noi una turrita alla dea Athena, ci dedichiamo alla visita della
torre, trasformata varie volte nel corso degli anni per molteplici usi, poi
esploriamo l’area di scavo dei resti di una villa romana, e prendiamo la
scalinata orientale, che porta giù al mare, dove prima della grotta, è ancora
esistente la firma dei tre magistrati che autorizzarono, appunto i lavori di
questo importante approdo.
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